Horny Jail: linee guida per una nuova rubrica seduttiva, a cura di Alessandro Milzoni
Bukkake divulgativo sul rapporto intimo tra omoerotismo e moda
Siamo a New York, nel 1980. Un ragazzo con la frangetta scende le scale di un cruising club per omosessuali. L’odore di sigaretta, alcol e testosterone lo soffoca e lo eccita. Intorno a lui, decine di ragazzi camminano a passo felpato in ogni direzione, lasciando che le mani sfiorino desiderose i corpi sudati. Loro indossano magliette nere e shorts, canottiere di rete, gilet di jeans. Alcuni, soltanto un paio di stivali da biker. Lui ha scelto un top bianco che lascia scoperta la pancia, il suo harness che adora e dei pantaloni di pelle.
Il ragazzo continua a scendere, sempre più giù, si immerge in un’oscurità senza contorni finché il misto di bisbigli e gemiti sfuma in “Gucci Gang” di Lil Pump. La musica lo assorda e luci lo abbagliano, ora lo illuminano a giorno. È su una passerella. Alessandro Michele sta presentando la collezione “Aria”. Gli ospiti seduti intorno alla pedana fotografano con il cellulare il suo harness e i suoi pantaloni di pelle.
È il 2021.
Il principio che sta alla base del disegnare la capsule di un nuovo brand e scaricare un’app di incontri per farsi una scopata è, in fin dei conti, lo stesso: sedurre, anzi, più semplicemente piacere.
Il codice di attrazione è passato dalle bandane colorate infilate nelle tasche sul culo, alle nylon bag di Prada e gli stivali di Bottega. Gli intenti sono gli stessi, ma la semiotica si è raffinata, prediligendo i beni di lusso. C’è forse qualcosa di più eccitante dei Santiago di Balenciaga?
Il mondo della moda penetra il mondo del sesso, e il mondo del sesso (specialmente quello gay) penetra quello della moda. Ma in questo petting altalenante, che il più delle volte sfocia in un amplesso creativo, capire chi sia attivo o passivo non è dato sapersi.
La cultura queer affonda le radici della propria estetica sin dalle primordiali espressioni artistiche dell’uomo. Davanti ad un advertising di Abercrombie & Fitch, era inevitabile tornare con la mente ai libri di storia dell’arte che studiavamo alle medie. Sfogliando le pagine su Fidia e la scultura ellenica, i fasci di muscoli del Discobolo non potevano non scatenare un prurito soffocato tra le gambe e farci fantasticare sulle orge e baccanali che nell’antica Grecia dovevano essere all’ordine del giorno. Bei tempi. Ed ecco che quella stessa statua muscolosa, liscia e scintillante come il marmo, ma calda e viva, si scatta le foto con le ragazzine impazzite all’ingresso del negozio.
L’ipersessualizzazione del corpo maschile, di cui l’estetica omoerotica è in gran parte artefice, ha caratterizzato la moda uomo fino alla fine degli anni Novanta. La collezione leather del 1993 di Gianni Versace, grande esponente della comunità queer di fine millennio, o le adv scattate da Bruce Weber, fino alle campagne intimo di Calvin Klein, trasformavano la pubblicità di un prodotto in materiale soft porno per la cultura di massa.
Complici, però, i due millenni di censura cattolica mischiati ad un ammosciante perbenismo, sono cambiate le regole del marketing, lasciando spazio ad un’estetica più divertente, romantica e defeticizzata, in una parola “camp”. Le icone estetiche del sesso come Rock Hudson, George Michael o Lorenzo Lamas, cedono il passo alle icone dello spettacolo, dei lustrini e dei colori. Non più pettorali pelosi e grossi rigonfiamenti nei boxer, ma le parrucche di Cher, le paillettes di Liberace o lo smoking di Marlene Dietrich.
La moda camp (da campish undertakings, ovvero come venivano definiti gli atti osceni degli omosessuali ai tempi di Oscar Wilde) ha ridefinito l’estetica queer, che a sua volta continuava ad alimentare la moda camp. Entrambe le parti, camminavano mano nella mano verso l’affermazione personale e lo scardinamento di quegli schemi sociali fondati sul patriarcato.
Con l’ultima Milano Moda Uomo SS24 abbiamo percepito un piccolo sentore di ritorno all’estetica omoerotica. Come quando nei sex club ti arriva per caso un soffio lieve e acido in cui riconosci le chimiche esalazioni del popper: all’inizio arricci il naso, ma poi chiudi gli occhi e dilati le narici (poi anche il resto). I due gemelli più famosi del fashion biz, Dean e Dan, si sa, non sono proprio due perpetue della parrocchia di San Rocco. Nell’ultima sfilata di Dsquared2, in effetti, un Rocco c’è stato. Ma ci sono stati anche i crop top e i mini slip in lycra, ed una ovazione al porno, tra provocazione ed ironia, tra omaggio e parodia. Charles Jeffrey Loverboy ha ibridato le divise militari da guerra di secessione americana con elementi camp, quali i colori fluo, le piume, le gonne e le rouches. Stessi elementi che ritroviamo nell’estetica di Lessico Familiare, ma con un’accezione erotica alla milanese. E i modelli di Jordanluca avevano shorts talmente corti da sembrare dotati marsupi.
Ma soprattutto, la più attesa collaborazione di questa estate, non poteva che essere quella tra due esponenti della moda e della cultura gay: la All Together Pride Capsule di Diesel x Tom of Finland Foundation.
Sia il brand di Glenn Martens sia quello di comic omoerotico giocano con la sessualità e ridefiniscono l’estetica sociale. Metterli insieme genera la stessa eccitazione di una fellatio con la panna montata. Oltre le stampe originali di hunk muscolosissimi e membri virtuosi, protagonista è il jockstrap, l’unico vero underwear che vale la pena indossare.
Ma proprio per la sua natura divertita e accessibile, Diesel ha sempre supportato i diritti delle minoranze della comunità LGBTQIA+. Anche nel 2019, aveva lanciato in occasione del Pride Month, una capsule sobria ma arcobaleno, ottenendo, come effetto collaterale, una perdita di 14mila followerS su Instagram. Di tutta risposta, il brand pubblica un post di ringraziamento, rivendicando con orgoglio la loro posizione politica riguardo la celebrazione dell’amore, scardinando la paura ed esaltando l’unico vero comune denominatore tra sesso e moda: il divertimento.
ENG VERS
Horny Jail Rubrica: M.O.D.A. aka Multitude Of Dicks Around
"Horny Jail", guidelines for a new seductive column, curated by Alessandro Milzoni
Educational bukkake on the intimate relationship between homoeroticism and fashion
New York, 1980. A boy with bangs is going down the stairs of a gay cruising club. The smell of cigarettes, alcool and testosterone suffocates him and excites him. All around him, tens of dudes walk softly in every direction, letting their eager hands touch the sweating bodies. They are wearing black t-shirts and hot pants, fishnet tank tops, denim vests. Someone, just a pair of biker boots. He choose a white top that leaves the belly uncovered, his favorite harness and leather trousers.
The boy keeps on going down, more and more, he plunges into a darkness without outlines until the mix of whispers and moans merge into “Gucci Gang” by Lil Pump. The music deafens him and the lights dazzle him, now they floodlight him up. He’s on a runway. Alessandro Michele is presenting the collection “Aria”. The guests around him shoot his harness and his leather trousers with the mobile’s camera.
It’s 2021.
The principle behind designing a brand new capsule collection and downloading a date app to get laid, in the end, is the same: seducing, or in simple terms, fascinating.
The code of attraction of the colored bandanas in the back pocket turned into the Prada nylon bag and Bottega boots. The purposes are the same, but the semiotics became finer, preferring luxury goods. Is there, by any chance, something more exciting than the Balenciaga Santiago boots? The fashion world penetrates the sex world, and the sex world (especially the gay one) penetrates the fashion one.
But in this fluctuating petting, that most of the time erupts into a creative copulation, it is hard to figure out who is top or bottom.
The queer culture has the roots of his own aesthetic in the human primordial art expressions. Looking at the advertising of Abercrombie & Fitch, it was inevitable to bring the mind back to the art book we used to study at school. Leafing through the pages about Fidia and the hellenic sculptures, the Discobolus’ bunched muscles couldn’t fail to trigger a stifled itching between the legs and make us fantasizing about orgies and bacchanals that in the Ancient Greece must have been usual. Good old days. And just like that the same muscular statue, smooth and bright like marble, but warm and alive, is taking pictures with pumped young girls at the entrance of the store.
The over-sexualization of men’s body, whom the homoerotic aesthetic is mostly responsible, has characterized men’s fashion until the end of the Nineties. The 1993 leather collection by Gianni Versace, great exponent of the queer community at the end of the millenium, or Bruce Weber’s adv, and the underwear campaign of Calvin Klein, were turning the promotion of products into soft-porn material for the mass culture.
Thanks to two millennium of catholic censorship blended with an annoying respectability, the marketing rules have changed, leaving room for a funny, romantic and un-fetished aesthetic, in one word “camp”. The visual sexual icons like Rock Hudson, George Michael or Lorenzo Lamas, take a back seat to the icons of the show business, of glitters and colors. No more hairy chests and chunky bumps in the boxers, but Cher’s wigs, Liberace’s sequins or Marlene Dietrich’s smoking. Camp fashion (from campish undertakings, that is the way they used to define the gross indecency of homosexuals during the Victorian Age) has redefined the queer aesthetic, which in turn was keeping on feeding the camp fashion. Both sides were walking hand in hand towards the self-determination and the unhinging of those social constructs established on the patriarchy.
During the last Milano Moda Uomo SS24, a little hint of returning homoerotic aesthetic has been perceived. Like when, in the sex clubs, you catch a mild and acid scent, in which you recognize the popper’s chemical fumes: you wrinkle your nose first, but then you close your eyes and dilate your nostrils ( and then the rest). The most famous twins of the fashion biz, Dean and Dan, it’s well known, are not at all two nuns of San Rocco church. In the last Dsquared2 fashion show, there was a Rocco, actually. But there also were crop tops and small lycra brief, and a standing ovation to the porn, between provocation and irony, homage and parody. Charles Jeffrey Loverboy has hybridized the military uniforms of the American Civil War with camp elements, such as fluo colors, feathers, skirts and rouches. Same elements we can find in Lessico Familiare’s aesthetic, but with a milanese erotic twist. And the models of Jordaluca fashion show had such short hot pants that looked like baggy pouch.
But over all, the most awaited collaboration this summer, couldn’t be but the one between two leader of fashion and gay culture: the All Together Pride Capsule by Diesel x Tom of Finland Foundation.
Both the Glenn Martens’ brand and the homoerotic comic play with sexuality and reshape the social aesthetic. Them together generate the same excitement of a whipped cream fellatio. More over the original prints of super muscular hunks and performing penisis, the protagonist of the collection is the jockstrap, the only brief that is worth wearing.
But thanks to its funny and accessible nature, Diesel as always supported the rights of the LGBTQIA+ community. Even in 2019, during the Pride Month, it released a simple and rainbow capsule collection, getting, as a side effect, a loss of 14k followers on Instagram. In response, the brand release a thank-you post, claiming proudly its political stand about love celebration, breaking open the fear and bringing out the only true common denominator for sex and fashion: fun.