Luce Clandestina è il progetto di Alessia Li Causi, che si identifica nelle alterazioni acustiche di estremità dimensionali nuove, astratte e impercettibili. L’istinto creativo dell’artista traghetta dall’irruenza spaziale di linguaggi immaginari ai contorni amplificati di una sconosciuta oscurità. L’equilibrio di una filosofia notturna dalle superfici sfocate e dalle chiare profondità, si mostra come un’analitica sintesi che cresce ritmicamente e muore sinuosamente tra ombre ed echi. Scrupolosamente eclettica, avanza in un ritmo scandito da una temporalità perfetta, indietreggiando poi verso un presente creativo e identificativo. Resident del Bunker di Torino con i party “La Notte”, e su Radio Raheem, Luce Clandestina è una metafora ultracustica che fonde linearità sonore irreali e multiformi.
ph. credit Sharon Ritossa
Luce Clandestina, l’assonanza dei contrari per esprimere un nuovo concetto di sincronie artistiche; il tuo progetto musicale è l’espressione del diverso che diviene un tutto e un intero, una metafora sonora implicitamente chiara. L’idea ha una fonte ispiratrice concreta o parte da un concetto puramente immaginario?
Ho scelto questo nome perché, fin da subito, mi è sembrato fosse in grado di dare spazio a più interpretazioni; da un lato un gioco metaforico dei contrari, dall’altro una parafrasi per esprimere un mio modo di essere, una ricerca tra introspezione e necessità di trovare un mio canale di espressione. Mi è piaciuto subito il fatto che descrivesse un’immagine, una rappresentazione, che portasse ad un impatto indiretto, e quindi a scavare di più all’interno del significato. Sicuramente in questo hanno influito il mio avvicinamento alla fotografia analogica ed il mio lavoro come interior designer; luce clandestina è, infatti, anche la luce che in un preciso momento rimbalza su una superficie, o su una materia, mostrandone l’aspetto inaspettato.
Eterea ma al tempo stesso sfuggente, è una definizione intuitivamente semplice, ma che può contenere un messaggio complesso. Anche musicalmente parlando, non riesco ad affezionarmi troppo ad un genere, mi rendo conto di essere più legata ad un immaginario di riferimento - verso un senso di profondità, che si traduce per me, da un punto di vista più sonoro per l’attrazione verso le sue sfumature più scure, ma anche verso la melodia, la dub, l’ambient e la techno più sperimentale. Un po’ quello che succede nel mio show “Vago Spazio del Ritmo” in cui mi piace letteralmente spaziare tra più generi, cercando di creare degli immaginari di fuga, verso una fruizione, anche in chiave dancefloor, più mentale che fisica della musica elettronica, sperimentando tra generi (apparentemente) anche distanti tra loro.
La tua ricerca sonora è una continua sperimentazione dimensionale artistica, tra luce e buio definisci uno spazio nuovo, che percorso creativo è servito per raggiungerlo?
Mi fa piacere che si senta. Ecco, sicuramente è una delle finalità in quello che faccio, ossia quella di restituire all’interno dei miei dj-set una sensazione di dimensione-ambiente legato al suono; in questo senso mi piace immaginare che ogni volta, ogni set, sia un modo per creare una situazione, all’interno del quale il fruitore si possa immergere. Sicuramente, da un punto vista artistico - visivo ha influito il mio percorso di studi in design prima, e in architettura poi; da un punto di vista più musicale, invece, fin da piccolina ho nutrito un particolare interesse verso la scena elettronica locale e alla sua tradizione legata al mondo del clubbing. Non avendo avuto una formazione didattica musicale, il mio percorso si è costruito con un approccio in primis di fruizione verso la musica elettronica, che, con il tempo, mi ha portato a costruire un mio spazio creativo legato a questa.
ph. credit Luce Clandestina
La metafora sembra essere la vera conduttrice del tuo suono, un gioco continuo tra realtà e astrazione; nella realizzazione di un progetto sonoro quanto è importante avere una concezione stabile del tempo creativo e quanto, invece, ne riservi per l’improvvisazione e le sue varie espressioni interpretative?
Nel mio flusso creativo resiste una forte componente progettuale, questo perchè il progetto è un processo che conosco, e quindi, in generale, quando devo iniziare a immaginare un set che farò, sento sempre la necessità di costruire un’immagine specifica intorno, al di là di quello che succederà durante la performance. Questo può avvenire anche in base al contesto; ad esempio, in base al luogo o a alla situazione, in cui questo avverrà, per creare una sorta di sinergia tra l’estetica delle tracce che andrò a mettere insieme, e l’estetica del luogo e della situazione. Al tempo stesso, resta comunque molto importante, nel momento della performance, lasciare spazio all’improvvisazione per farsi avvolgere dal contesto, da chi ti sta ascoltando e osservando dall’altra parte della console, vedere qual è la reazione creando un dialogo. Se guardo indietro, i set che mi sono piaciuti di più, sono stati quelli in cui il risultato è stato del tutto inaspettato.
Che corporeità daresti al suono?
Non riesco a dare un’unica corporeità al suono; in generale la legherei più al punto di vista della sensazione; tutto dipende dalle caratteristiche del suono, che non è uno ma infinito. Credo, sia per questo che mi riesce difficile immaginare una sola corporeità.
Mi incuriosisce molto il tuo legame con la notte.
Si, è vero, ho un legame molto forte con la notte. Sicuramente perchè è il momento della sospensione; il momento in cui ci si può riappropriare del proprio spazio e del proprio tempo. Il dovere del giorno svanisce; è un momento di transizione verso la libertà e lo percepisco come fosse il tempo che si dilata unicamente ai desideri. Ritornando alla scelta del moniker, anche luce clandestina potrebbe rappresentare la luce che svanisce al momento del tramonto, periodo “limite” tra giorno e notte.
Che dimensione sonora ha per te il futuro?
Come qualcosa in grado di rappresentare ciò che non esiste ancora, inteso come quel qualcosa che anche nell’immaginazione è difficile da contornare, qualcosa di ancora non pensato né individualmente né collettivamente. Se penso alla musica elettronica contemporanea, è difficile ascoltare qualcosa che non abbia legami con il passato; io stessa sono molto attratta dalle influenze del passato, quindi, forse, mi verrebbe da dire che più che provare a rappresentare un’idea della musica del futuro, bisognerebbe concentrarsi su quello che dovrebbe rappresentare la musica del presente.
ph. credit Luce Clandestina
I tuoi progetti sono la realizzazione di un’investigazione culturale del movimento ad esempio tra questi CULTO, quanto è importante nella tua concezione performativa l’impulso e quanto il controllo?
CULTO come ti dicevo, è un progetto di divulgazione nato insieme a due cari amici con cui avevamo già dato vita a Ossessione Uno (Francesco Spinolo e Simone Barisione aka Skip e Flavinio) che si è sviluppato negli anni e che ora ha preso forma sia come collettivo che come festival. Il fulcro del progetto ruotava intorno all’indagine sulla fruizione della musica elettronica durante la pandemia, e cosa sarebbe potuta essere nel futuro, cercando di capire i legami tra elettronica e clubbing in un contesto culturale più amplio, quindi dialogando anche con il mondo della produzione musicale, quello editoriale e comunicativo, della produzione.. Insomma un progetto nato per parlare di musica e di quello che sarebbe potuto essere il clubbing dell’avvenire, cercando di porsi con un approccio il meno speculativo possibile, lasciando quindi parlare i progetti con cui ci siamo interfacciati e gli attori da sè.
Per questo motivo, mi riesce difficile paragonare un progetto divulgativo, come può essere quello di CULTO, con il mio personale, all’interno del quale sicuramente a prevalere, tra i due, è molto di più l’impulso e meno il controllo.
Una proposta artistica su cui lavoreresti?
Al momento, sono soddisfatta di come si sta sviluppando il mio percorso musicale; oltre al contesto clubbing, mi è capitato anche di creare dei set per installazioni e sonorizzazioni, ed anche se questa non è la mia principale occupazione al momento, sicuramente è un ambito espressivo che mi piacerebbe approfondire.
Un posto dove andresti immediatamente?
Al momento non riesco ad immaginare un posto in particolare; per molti anni sono stata attratta da Berlino, non solo dal punto di vista musicale ma, soprattutto, per il suo essere una città ricostruita e in continua costruzione, per l’energia che sprigiona, per la diversità culturale che la abita. Più in generale, mi piacerebbe fare un periodo fuori dall’Italia, dove è anche più semplice trovare un’attenzione e rispetto per il mondo culturale e più possibilità per sviluppare progetti ibridi.
… rispetto che in Italia non ritrovi, immagino?
Decisamente meno! In Italia la cura da parte delle istituzioni nei confronti di chi si occupa di cultura purtroppo è inferiore. Per tutto il periodo universitario ho sempre visto l’estero come l’unica possibilità per raggiungere una maggiore equità dal punto di vista economico, lavorativo e artistico. Negli ultimi anni sto rivalutando il fatto di stare in Italia, e soprattutto a Torino, un po’ perchè sono riuscita a costruirmi una dimensione lavorativa oltre che espressiva, un po’ perchè forse non ho ancora avuto una possibilità effettiva di trasferirmi fuori, ma è sicuramente molto faticoso, soprattutto considerando che è sempre più difficile trovare spazi e locali dove portare avanti dei progetti musicali, questo vale a Torino e in tutta Italia.
Hai novità per l’anno nuovo?
Il 6 gennaio ho suonato con Lamusa II per l’Ortigia Sound System festival; ho chiuso di recente alcune date per i prossimi mesi (sarò nuovamente a Bologna, e a Bergamo, a giugno parteciperò per la prima volta all’Oasi Festival qui in Piemonte). Sto seguendo anche diversi progetti con Details Sound, label con cui ho iniziato a collaborare insieme ad A Hand (Giuseppe Magistro), Blackseed (Matteo Viani), e Matteo Fabbri. Inoltre con i ragazzi di CULTO, stiamo portando avanti la progettazione della terza edizione del festival, che si terrà il prossimo settembre.
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ENG VERSION
Luce Clandestina is a project carried through by Alessia Li Causi, which identifies itself in acoustic alterations of new, abstract and imperceptible dimensional extremes. The artist’s creative instinct moves from the spatial virulence of imaginary languages to the amplified contours of an unknown darkness. The balance of a nocturnal philosophy with blurred surfaces and clear depths is shown as an analytical synthesis that grows rhythmically and dies sinuously between shadows and echoes. Scrupulously eclectic, it advances at a pace marked by a perfect temporality, then returning to a creative and identifiably present. As a resident of the Bunker of Turin and Radio Raheem, Luce Clandestina is an ultra-acoustic metaphor that blends unreal and multiform sound linearity.
Luce Clandestina, is the assonance of the opposite which wants to express a new concept of artistic synchronies; your musical project is the expression of the difference that becomes an entity and a whole, an implicitly clear sound metaphor. Does the idea have a concrete inspiring source or start from a purely imaginary concept?
I chose this name because, from the very beginning, it seemed to me to give space to several interpretations; on the one hand, a metaphorical game of opposites, on the other hand a paraphrase to express my way of being, a search between introspection and the need to find my channel of expression. I immediately liked the fact that it describes an image, a representation, which leads to an indirect impact, and therefore a desire to dig deeper into the meaning. Surety in this influenced my approach to an analogue photography and my work as an interior designer; clandestine light is, in fact, also the light that at a precise moment bounces onto a surface, or into a matter, showing its unexpected appearance.
Ethereal, but at the same time elusive, it is an intuitive simplistic definition, that can contain a complex message. Even musically speaking, I cannot fully embrace a genre, I count on being more tied to a reshaped imagination - towards a sense of depth, which is translated for me, from a more sonic point of view, because of the attraction towards its darker nuances, but also towards the melody, dub and the environment, more experimental techno. A l bit like what happens in my show Vago Spazio del Ritmo where I literally like to span between several genres, trying to create images of escapism, towards a fruition, even in a dancefloor key, which is more mental than physical compared to musical experimentation between genres (which might seem) even far from one another.
Your sound research is a continuous artistic dimensional experimentation, between light and darkness you define a new space, what has been used to reach it?
I am pleased to hear you say that, this is certainly one of the goals in what I do, to go back inside my dj-sets to give a sensation of dimension-environment related to sound; in this sense I like to imagine that every time, every set, becomes a way to create a situation, into which the user can immerse himself. Surely, from an artistic - visual point of view, this reflects my career in design studies first, and architecture afterwards; from a more musical point of view, instead, since childhood I have nurtured a particular interest in the local electronic scene and its tradition linked to the world of clubbing. Having not had a musical educational training, my path was built with a primitive approach towards electronic music, which with time has led me to build my creative space linked to this.
The metaphor seems to be the true conductor of your sound, a continuous play between reality and abstraction; in the realization of a sound project how important is to have a stable concept of creative time and how much, instead, is reserved for improvisation and its various interpretative expression?
In my creative flow there resists a strong design component because the project is a process I understand , and therefore in general when I have to start imagining a set that I will do, I always feel the need to build a specific image around it, beyond what will happen during the performance. This can also be done on the basis of the context, for example based on the place or situation, in which this will happen, to create a sort of synergy between the aesthetics of the tracks that I will put together, and the aesthetics of the place and the situation. At the same time, it is still very important, that in the moment of performance, there is room for improvisation and enveloping in the context, by those who are listening to you, observing also those who are on the other side of the console, seeing what the reaction is, trying to create a dialogue. If I look back, the sets I liked the most, were those in which the result was quite unexpected.
What body would you give to sound?
I cannot give a single body to sound; in general I would tie more into the sensational point of view, and for this everything depends on the characteristics of sound, which are not one but infinite - that is why I find it hard to imagine one body.
I'm very curious about your bond with the night.
Yes, I have a very strong connection with the night. Surely because it is the moment of suspension, in which one can reappropriate one’s own space, and one’s own time. The duties of the day vanish; I see it as a moment of transition to freedom and I feel it, for this reason, as the time that expands only towards desires. Returning to the choice of moniker, even clandestine light could represent the light that vanishes at sunset, a “limited” period between day and night.
What sound dimension does the future have for you?
As something capable of representing what does not yet exist, understood as something that even in the imagination it is difficult to shape, something still not thought out either individually or collectively. If I think about contemporary electronic music, it is difficult to listen to something that has no ties to the past - I myself am very attracted by the influences of the past - so perhaps I would say that more than trying to represent an idea of the music of the future, one should focus on what the music of the present should represent.
Your projects are the realization of a cultural investigation of movement, for example among these CULTS, how important is impulse and how much control in your performances conception?
CULTO, as I told you, is a dissemination project born together with two dear friends with whom we had already given life to Ossesion Uno (Francesco Spinolo and Simone Barisione aka Skip and Flavinio) which developed over the years and which has now taken shape both collectively and as a festival. The focus of the project revolved around the investigation of the use of electronic music during the pandemic, and what this could become in the future, trying to understand the links between electronics and clubbing, in a wider cultural context, thus dialogue with the world of music production, editorial and communicative production. . In short, a project born to talk about music and which could become the clubbing of the future, trying to establish itself with the least speculative approach possible, thus allowing talk about the projects with which we interfaced and the actors themselves.
For this reason, it is difficult to compare a disseminative project, as that of CULTO, with my staff, in which it is certainly necessary to prevail over too much impulse and keep a level of control.
An artistic proposal you would work on?
At the moment, I am satisfied with how my musical path is being developed; in addition to the clubbing context, I have also happened to create sets for installations and sounds, and even if this is not my main occupation at the moment, it is definitely an expressive area which I would like to delve into more.
A place where you'd go immediately?
At the moment I cannot imagine a particular place; for many years I have been attracted to Berlin, not only from the musical point of view but, above all because of its being a reconstructed and constantly constructed city, due to the energy that it releases, due to the cultural diversity that inhabits it. More generally, I would like to take time outside of Italy, where it is also easier to find attention and respect for the cultural world and where there are more possibilities to develop hybrid projects.
… respect that in Italy you don’t find, I guess?
Definitely less! In Italy, the care of institutions with regards those who deal with culture is unfortunately lower. Throughout my university period, I always saw abroad as the only possibility to achieve greater equity from an economic, work and artistic point of view. In recent years I have been revaluating the idea of staying in Italy, and especially in Turin, a bit because I have managed to build a working dimension as well as an expressive one, a little 'because maybe I haven't had the real opportunity to move out, but it is definitely very tiring, especially considering that it is increasingly difficult to find space and locations to carry out musical projects, in Turin and throughout Italy.
Do you have any news for the new year?
On January 6th I played with Lamusa II for the Ortigia Sound System festival; I have recently arranged some dates for the next few months (I will be back in Bologna, and in Bergamo, in June I will take part for the first time in the Oasi Festival here in Piedmont). I am also following several projects with Details Sound, a label with which I started collaborating with A Hand (Giuseppe Magistra), Blackseed (Matteo Viani), and Matteo Fabbri. Moreover with the boys of CULTO, we are carrying on with the design of the third edition of the festival, that will take place next September.
Listen to the exclusive mix on Soundcloud.