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In Focus: Linecheck Festival | DANIELA PES


Daniela Pes presenta 'Spira', un album - prodotto da Iosonouncane - sospeso tra tradizione ed avanguardia, con ricche sfumature sonore e giochi linguistici e una profonda esplorazione dei temi del sacro e del femminile, che si concretizzano in una musica quasi ritualistica.


Nel corso del suo tour, Daniela ha suonato nei posti più disparati, da boschi, a chiese, teatri, cripte, in cima ad una scogliera, dentro le rovine di un teatro romano, in porti, musei, sulla spiaggia, borghi abbandonati, hall di stazioni e nei club.


Noi l'abbiamo intervistata a Milano, dopo il suo live al Linecheck Festival.


Daniela Pes at Linecheck Festival


SPIRA è un viaggio sonoro in cui ogni brano contribuisce ad una narrativa più ampia. Puoi approfondire i fili tematici e concettuali che collegano le canzoni dell'album e come queste narrazioni si evolvono in un contesto di performance dal vivo?


Durante tutta la scrittura di questo disco non ho mai avuto l’urgenza o il desiderio di raccontare una storia specifica, anzi il contrario. Avevo voglia di evadere, approdare in terre lontane, scoprire me stessa.

Certamente mi ricordo dove fossi e in che stato emotivo mi trovassi durante ogni momento musicale che ho scritto. Ogni brano è la traduzione in musica di ciò che ho sentito e vissuto in quegli anni e non si può tradurre in parole per spiegarlo.


Dal vivo sento la possibilità di ampliare ancora di più l’animo dei brani e di potermi divertire a cambiarli a seconda di ciò che sento al momento, dando spazio all’improvvisazione.



Daniela Pes at Linecheck Festival


La musicalità riveste un ruolo centrale nell'album, dove le sfumature sonore e i giochi linguistici sono essenziali, spesso più delle parole stesse. Le emozioni arrivano attraverso la purezza della musica, superando le barriere linguistiche tradizionali. Come hai intenzionalmente plasmato l'album per creare un'esperienza in cui la comprensione del testo è secondaria rispetto alla fruizione delle intricazioni sonore?


Prima di questo lavoro ho musicato molte poesie in dialetto gallurese arcaico.Le parole di senso compiuto mi portavano ad avere spesso un risultato musicale che nel complesso non mi soddisfaceva. Per le idee musicali che avevo in testa ho sentito l’esigenza di disporre di una “materia testuale libera” che potesse aiutarmi ad arricchire musicalmente le linee melodiche e i momenti musicali che scrivevo. Attraverso i testi non ho mai avuto il bisogno di descrivere una storia o una figura specifica. Volendolo raffigurare è come se io avessi a disposizione un grande contenitore di parole, fonemi, sillabe e lettere dal quale poter attingere liberamente, potendo scambiare, intersecare e frammentare ogni singolo fonema. Il lavoro sui testi non si è basato solo sul cercare di ottenere una bella musicalità dalla parola in sè, ma anche sul come potessi riuscire ad amplificare la forza comunicativa di quelle parole attraverso la mia vocalità. Ho dunque lavorato sulla pronuncia, sulle sfumature timbriche, sull’ intenzione e sull’interpretazione di quelle parole.


Daniela Pes at Linecheck Festival


Una musica sicuramente difficile da categorizzare. Quanto è intenzionale questa deviazione dai confini tradizionali del genere, e quali sfide o libertà porta questo approccio al tuo processo creativo? Come navighi nell'equilibrio tra innovazione e accessibilità per il tuo pubblico?


È intenzionale in accordo alla mia naturale esigenza di esprimermi.Le sfide sono molteplici, ad esempio lo scontro con i tuoi limiti e il cercare di affrontarli faccia a faccia, oppure quella di riuscire a reggere il tempo fisiologico necessario per poter portare a termine un lavoro accurato, dove sei certo di aver dato tutto quello che potevi per arrivare al miglior risultato possibile. Le libertà che porta questo approccio sono infinite, perché la libertà sta proprio alla base della mia musica. Non penso che 'Spira' sia un disco difficile, penso che sia stato complesso il processo di lavorazione alla scrittura, agli arrangiamenti e alla produzione. L’entusiasmo e l’apprezzamento da parte del pubblico mi rende davvero felice e la maggior parte delle cose che stanno avvenendo erano totalmente inaspettate.



Daniela Pes at Linecheck Festival


L'album è stato prodotto da Iosonouncane, come avete navigato insieme il processo di fusione tra le vostre visioni musicali? Ci sono stati momenti specifici in cui avete sperimentato una particolare sinergia creativa che ha lasciato un'impronta indelebile sull’album?


Lavorare assieme a Jacopo mi ha permesso di imparare tanto sulla mia stessa scrittura e sul come vedere le cose. Ci siamo sempre confrontati con grande sintonia, Jacopo ha sempre avuto enorme rispetto delle mie idee e mi sono sempre sentita libera nell’esprimermi musicalmente.


Durante gli ultimi tre anni ho scritto moltissimo, assieme abbiamo scremato davvero tanto materiale. Tutto ciò che è finito dentro 'Spira' è per entrambi il meglio di tutto il mio periodo di scrittura, per cui lavorare agli arrangiamenti di tutti i momenti musicali scelti è stato sempre molto intenso ed entusiasmante.

Ricordo in particolare la commozione che ho provato in studio durante il lavoro di arrangiamento sulla coda di 'A Te Sola' e sulla coda di 'Arca'.





Possiamo dire che l'abum abbraccia sia elementi di musica elettronica che richiami al folklore sardo?


In realtà in questo lavoro non sono stati utilizzati elementi o strumenti tradizionali sardi. Ci sono solo due momenti all’interno del disco dove si è venuto a verificare un chiaro rimando alla musica sarda: il bordone iniziale di “Ca Mira”, la traccia che apre il disco, dove tra i vari strumenti sintetici e non, ho campionato anche una voce baritonale che rimanda ai cori sardi tradizionali ed un campionamento di corno sardo che fa ingresso nella seconda strofa “Làira”. Tutti gli strumenti utilizzati in Spira sono sintetizzatori analogici e digitali, drum machines, chitarre, percussioni e voci. È un evento particolare: senza che siano stati utilizzati in maniera ricorrente e ricca strumenti appartenenti alla tradizione Sarda, un animo antico affiora ed il fatto che riverberi cosi bene assieme all’elettronica (non intesa come genere ma come concreto utilizzo di strumenti elettronici) è una scoperta anche per me.


Daniela Pes at Linecheck Festival

C’è un ricordo in particolare della tua infanzia in Sardegna, che credi sia stato fondamentale per la tua crescita artistica?


Credo che la cosa più importante per la mia crescita artistica in generale sia stato il costante contatto con gli strumenti musicali in casa fin da quando ero una bambina e l’amore per la musica che vivo in famiglia.


Il ricordo importante legato al processo creativo di 'Spira' è l’aver vissuto la fase della scrittura durante il lockdown. A Gennaio 2020 mi ero trasferita a Bologna per poi rientrare in Sardegna subito dopo a causa dell’inizio della pandemia, l’8 Marzo. Per i primi tre mesi dal mio rientro sono stata nella casa al mare di famiglia e quelli che ricordo nitidamente sono i silenzi, la solitudine e gli orizzonti che mi hanno fatto compagnia durante la lavorazione dei brani.


Come speri che gli ascoltatori si connettano e interpretino i paesaggi emotivi che racconti?


Mi auguro che questo accada nella maniera più vera e libera possibile. È un miracolo quando la musica da modo di abbandonarsi e ti offre la possibilità di fantasticare su figure, paesaggi, fotografie appartenenti al mondo interiore di ogni ognuno di noi. Quando questo avviene, per me è liberatorio e vitale dunque mi auguro che lo sia anche per le persone che ascoltano ciò che scrivo.







Words: Alice Suppa

PH: Giacomo Alberico




ENGLISH VERSION


Daniela Pes presents 'Spira,' an album produced by Iosonouncane, suspended between tradition and avant-garde. It features rich sonic nuances, linguistic play, and a profound exploration of sacred and feminine themes, manifesting in an almost ritualistic music.


Throughout her tour, Daniela has played in diverse places, from forests, churches, theaters, crypts, and cliffs to the ruins of a Roman theater, ports, museums, beaches, abandoned villages, station halls, and clubs.

We interviewed her in Milan after her performance at the Linecheck Festival.


'Spira' is a sonic journey where each track contributes to a broader narrative. Could you delve into the thematic and conceptual threads connecting the album's songs and how these narratives evolve in a live performance context?

During the entire writing process of this album, I never felt the urge or desire to tell a specific story; quite the opposite. I wanted to escape, land in distant lands, and discover myself. I remember where I was and my emotional state during each musical moment I wrote. Each track is the musical translation of what I felt and experienced during those years, something that cannot be put into words to explain.

Live, I feel the possibility to further expand the soul of the tracks and have fun changing them based on what I feel at the moment, allowing for improvisation.


Musicality plays a central role in the album, where sonic nuances and linguistic play are essential, often more so than the words themselves. Emotions come through the purity of music, transcending traditional language barriers. How did you intentionally shape the album to create an experience where understanding the lyrics is secondary to enjoying the sonic intricacies?

Before this work, I set many poems in archaic Gallurese dialect to music. Clear, meaningful words often led to musical results that didn't satisfy me overall. For the musical ideas I had in mind, I felt the need for "free textual material" to help enrich the melodic lines and musical moments I was writing. Through the lyrics, I never felt the need to describe a specific story or figure. To illustrate, it's as if I had a vast repository of words, phonemes, syllables, and letters to freely draw from, exchanging, intersecting, and fragmenting each phoneme. Text work wasn't just about obtaining musicality from the word itself but also about how I could amplify the communicative strength of those words through my vocal expression. So, I worked on pronunciation, timbre nuances, intention, and the interpretation of those words.


Your music is certainly hard to categorize. How intentional is this deviation from traditional genre boundaries, and what challenges or freedoms does this approach bring to your creative process? How do you navigate the balance between innovation and accessibility for your audience?

It's intentional, aligning with my natural need to express myself. The challenges are many, such as facing your limits and trying to confront them head-on or enduring the necessary physiological time to complete a thorough job, where you're certain you've given everything to achieve the best possible result. The freedoms this approach brings are limitless because freedom is at the core of this musical approach. I don't think 'Spira' is a difficult album; I think the writing, arrangements, and production process were complex. The enthusiasm and appreciation from the audience make me truly happy, and most of the things happening were totally unexpected.


The album was produced by Iosonouncane. How did you navigate the merging process of your musical visions? Are there specific moments where you experienced a particular creative synergy that left an indelible mark on the album?

Working with Jacopo taught me a lot about my writing and how to perceive things. We always collaborated harmoniously; Jacopo consistently respected my ideas, and I always felt free to express myself musically.

Over the last three years, I wrote a lot, and together we sifted through a significant amount of material. Everything that ended up in 'Spira' is the best from my entire writing period for both of us. Working on the arrangements for all the chosen musical moments was always intense and exciting.

I particularly remember the emotion I felt in the studio during the arrangement work on the outro of 'A Te Sola' and the outro of 'Arca.'


Can we say that the album embraces elements of electronic music and references to Sardinian folklore?

In reality, no traditional Sardinian elements or instruments were used in this work. There are only two moments in the album where a clear reference to Sardinian music occurs: the initial drone of "Ca Mira," the opening track, where among various synthetic and non-synthetic instruments, I also sampled a baritone voice reminiscent of traditional Sardinian choirs and a Sardinian horn sample entering the second verse of "Làira." All instruments used in 'Spira' are analog and digital synthesizers, drum machines, guitars, percussion, and vocals. It's a unique occurrence: without regularly using richly traditional Sardinian instruments, an ancient spirit emerges, and it resonates so well with electronics (not as a genre but as the concrete use of electronic instruments) is a discovery even for me.


Is there a specific childhood memory in Sardinia that you believe was fundamental to your artistic growth?

I think the most important thing for my overall artistic growth was the constant contact with musical instruments at home since I was a child and the love for music that I experienced in my family.

An important memory tied to the creative process of 'Spira' is experiencing the writing phase during the lockdown. In January 2020, I moved to Bologna, then returned to Sardinia immediately after the pandemic's onset on March 8. For the first three months after my return, I was in my family's seaside house, and what I vividly recall are the silences, solitude, and horizons that accompanied me during the composition of the songs.


How do you hope listeners will connect with and interpret the emotional landscapes you depict?

I hope it happens in the most genuine and free way possible. It's a miracle when music allows you to let go and offers the opportunity to fantasize about figures, landscapes, and images from the inner world of each of us. When this happens, it's liberating and vital for me, so I hope it is for people listening to what I write.







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