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IN CONVERSATION WITH: DR RUBINSTEIN


In un momento in cui i club e la musica sembrano fermarsi ci sono artisti come Marina, in arte Dr Rubinstein che portano il club a casa propria.

Stiamo parlando di QUARANTINE FM, il nuovo format ideato e sviluppato dalla Dj per contrastare il distanziamento e per far continuare a vivere la musica da club anche da casa. Ne abbiamo parlato con lei per scoprire meglio cosa e chi si nasconde dietro questo progetto.






T: Marina, pensavo di chiederti di parlaci di te, di come sei cresciuta e del tuo approccio alla musica ma a questo punto arrivati credo abbia più senso parlare del presente e del futuro. Vorrei chiederti allora di Quarantine FM. Parecchie persone nell’ambito della musica si sono più o meno fermate in questo periodo, nonostante alcuni abbiano continuato a sperimentare. Dicci un po’ di Quarantine FM, quando e come è iniziata?


M: Si chiama Quarantine FM proprio come una stazione radio. A essere sincera, non avevo pensato o pianificato di fare una cosa del genere. Mi sono ritrovata a pensare tra me e me “Oddio, adesso cosa faccio?”. Credevo fosse questione di un paio di settimane ma poi, alla fine di marzo, ho deciso che non potevo non suonare i miei dischi. Sento il naturale bisogno connettermi con i miei amici e con tutta la comunità musicale.

Trovarsi improvvisamente tagliata fuori da tutto mi ha materializzato la necessitá di connettermi di nuovo con le persone, ed eccomi qua, direttamente dal divano di casa. Ho iniziato parlando un po’ del più e del meno davanti a un microfono, cercavo di trasmettere energia positiva perché, chiaramente, molta gente si stava perdendo. Certo, le cose brutte e difficili sono ancora là fuori, ma avere quell’oretta dove riusciamo a lasciarle fuori è davvero utile, anche per me.

Non puoi metterti lì e dire “Okay, adesso creo qualcosa”, soprattutto quando il resto del mondo brucia intorno a te, così ho improvvisato, a breve anche il mio amico e fotografo Lucas si è unito alla produzione occupandosi delle riprese, della luce e dei colori; facciamo tutto da soli stile DIY e lasciamo che le cose evolvano in maniera spontanea con il contributo di persone a me vicine. Un grafico ci ha fatto una piccola installazione “Party Never Stop”, un altro ci presta il suo proiettore ogni mercoledì…





T: Sì, è molto interessante come molte persone nel mondo della musica stiano raccontando proprio della cooperazione tra tutti, per creare qualcosa di nuovo e diverso.


M: Esatto, tantissime piccole etichette indipendenti mi hanno contattato per propormi i loro dischi e dare visibilitá. Quando ero in tour non avevo mai il tempo per rispondere ma ora sì, e ho imparato ad apprezzare questo tempo.


T: Vedo che trasmetti in diretta su YouTube, Facebook e Twitch, giusto? Siete in diretta o registrate qualcosa prima?


M: Assolutamente tutto in diretta! C’è un qualcosa di magico nella diretta perché trasmetti qualcosa di puro, più umano e più interessante. Non risulti l’immagine costruita di un DJ, come spesso esci sui media più comuni, sei una persona che “ti ospita” a casa sua.



T: Esattamente, ecco perché chiedevo della diretta. Molti DJ registrano set “live” e ovviamente sembrano perfetti, senza errori ma, appunto, non è la realtà. Specialmente in questo momento, dove i confini della realtà sembrano venire meno, credo che sia importante cercare di mantenere tutto il più reale e umano possibile.


M: Concordo. Per esempio, quando faccio qualcosa in streaming e Lucas si occupa di tutto il resto, può capitare che mi faccia vedere un commento divertente o qualcosa del genere e capita che io reagisca di conseguenza. Siamo connessi da entrambi i lati e il nostro pubblico si sente come se fosse nel mio soggiorno. Proprio quello che volevo!

In definitiva siamo creature sociali; se non possiamo uscire e stare fisicamente vicini, facciamo del nostro meglio per fare come se lo fossimo!



T: Cerchi di ricreare l’atmosfera del dancefloor attraverso i social media, immagino non sia affatto facile in termini di energie. Ed è questo uno dei principali motivi per cui non vedevo l’ora di fare due chiacchiere con te.


M: Io amo il mio lavoro, mettere dischi è un vero e proprio bisogno. Anche in questo periodo difficile cerco di avvicinarmi a quell’esperienza in ogni modo possibile. Ad agosto, ho partecipato ad un progetto fuori di testa che si chiama Signal Festival, vicino Mosca, dove in quel periodo a quanto pare non c’erano grandi restrizioni covid. DJ internazionali e non sono stati invitati a suonare sotto forma di ologramma davanti ad un pubblico reale di 1000 persone. Partecipare sarebbe stata un’esperienza unica! Il video della performance era proiettato su una spettacolare installazione di acqua corrente che faceva da schermo. Non è la stessa sensazione di che mettere dischi di fronte ad un pubblico, ma è stata un’idea fantastica ben realizzata e innovativa.


T: Su che base scegli gli artisti che inviti a Quarantine FM?


M: La maggior parte sono miei amici, gente che vive a Berlino. Non è poi così facile invitare nuovi artisti, molti sono timidi e non si sentono a proprio agio a parlare davanti ad un microfono in diretta. Lo capisco, ci è voluto un po’ di tempo anche a me…



T: Un segno di crescita personale, di una nuova confidenza acquisita, giusto?


M: In parte sì, la consapevolezza che, se è davvero questo che voglio fare nella mia vita, devo poter parlare al microfono. Pensavo di essere in grado di intrattenere le persone ma questo lo sapevano solo i miei amici più stretti. Nonostante le tante interviste importanti che ho fatto, non sono mai riuscita a tradurre con parole questo mio lato da intrattenitrice, con lo streaming posso essere me stessa, in tutta la mia goffaggine!




T: Quando sei in tour suoni solo vinili?


M: Quando ho iniziato usavo solo vinili, ma dovendo girare ogni weekend portarli con me è cominciato ad essere più difficile. Se posso scelgo i dischi, ma ammetto la comodità del digitale, anche nella selezione della musica.

Per il mio show, agli ospiti ad esempio, suggerisco i vinili come modo per supportare le etichette discografiche, da quando è iniziato il COVID ho comprato solo quelli.



T: Quale pensi sia stato l’appuntamento migliore che hai fatto in streaming finora?


M: Forse il primo perché mi ha dato così tanta speranza! Era davvero un periodo difficile per me, ma il primo episodio mi ha mostrato che c’era ancora qualcosa che su cui potevo darmi fare. A volte c’è qualche intoppo o ci vuole un po’ per far sì che si crei quell’alchimia con un ospite, ma è bello così. In tutta onestà non riesco a trovare un episodio in particolare che preferisco. Devo pensarci!



T: Prevedi un’evoluzione nel format dello show? Cosa succederá quando tornerai a suonare?


M: Vedremo, lo spero di tornare a suonare presto ma non pianifico nulla. Se i miei ospiti si presenteranno mercoledì prossimo sarà già qualcosa! Da quando è iniziato il lockdown ad ora continuo a ripetermi: “La mia vita era perfetta! Non ti lamentare mai più!”. La situazione che stiamo vivendo ha aiutato molte persone, me inclusa, ad apprezzare di più ciò che abbiamo. Magari in futuro riusciremo ad essere persone migliori. La prospettiva di tutti è decisamente cambiata, anche se le persone dimenticano con una velocità mostruosa, spero ancora in un risvolto positivo.


I club sono la mia casa. Ricordo la mia prima festa a Tel Aviv tantissimi anni fa e ho subito pensato che avrei voluto che tutta la mia vita fosse così! Mi sono sentita a casa e non vedo l’ora di poterci tornare. Quando hanno chiuso i locali, ho portato il locale a casa mia!

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