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IN CONVERSATION WITH: BRANDO CORRADINI



M: Ciao Brando, è un piacere fare questo dialogo con te. Senza troppo indugiare, trovo che il tuo approccio sia molto artistico. Lo si riscontra anche nella tua progettazione, soprattutto come type designer. Quali sono i tuoi riferimenti (non esclusivamente nel mondo del design) e come hai sviluppato questo approccio che inserisce il tuo lavoro anche nell’arte contemporanea?


B: Ciao Mattia, è sempre un piacere ricevere apprezzamenti e riscontri riguardo a ciò che progetto e quello in cui credo. Da sempre, fin da piccolo, ho avuto la passione per il disegno. A sei anni ho disegnato un enorme Snoopy che conservo ancora nel mio studio.

Tempo fa, sistemando il mio studio, ho ritrovato in una vecchia scatola alcuni disegni che ho fatto da bambino. In quel preciso momento ho pensato di sviluppare il progetto editoriale L'UNICA STRADA – editorial, nel quale ho realizzato una pubblicazione e vari poster, utilizzando il typeface Stanley Smith progettato da Colophon Foundry (www.colophon-foundry.org). Questo è un progetto molto semplice e divertente nel quale sono stato riportato alla mia infanzia, il periodo più bello da cui difficilmente vorrei allontanarmi in quanto prossima al mio essere un Peter Pan. Mi sento come un bambino che non ha voglia di crescere e vive nella sua isola magica. Tutta questa magia la trasferisco nelle mie opere/works. Come sai adoro l’arte del type design, impazzisco per tutte le opere particolari, diciamo folli e originali. Il mio essere non convenzionale e fuori dagli schemi mi ha portato a sperimentare forme veramente stravaganti e insolite, quasi a raggiungere il contrario del bello, ovvero la bruttezza… adoro la bruttezza nella comunicazione visiva.





M: Conoscendoci nell’ultimo periodo, ho avuto modo di vedere anche dei tuoi contenuti non pubblicati, perciò penso di poter dire che il grado di sperimentazione dei tuoi typefaces è molto interessante. Talvolta ai limiti di leggibilità. Allo stesso tempo, però, sei molto versatile, perché passi dal design di un grottesco standard ad un glifo alieno o 3D. Ben inteso, questo è un aspetto molto positivo, perché significa conoscere le regole e saperle usare a proprio piacimento. Al riguardo volevo chiederti quale fosse il tuo rapporto con i canoni di progettazione tipografica e con la leggibilità, quindi qual è la tua poetica nel farlo?


B: Si è un piacere averti conosciuto e condividere qualche lavoro con te. La tipografia sta diventando più disponibile e flessibile nei progetti digitali, rispetto a quanto fosse limitata e severa qualche anno fa.



M: Dritto al punto. Nei tuoi lavori, sia come artista che come designer, presupponendo che si possano distinguere le due cose, è evidente una ricerca che cerca un mix tra il mondo del 3D e la tipografia. Ultimamente è una strada di sperimentazione molto in voga. A tal proposito, pensi che passerà o che aprirà a qualcosa di nuovo che si manterrà nel tempo? Quale credi che sarà il suo limite, se lo avrà?


B: Si, quando progetto un typeface cerco sempre di applicare alle varie lettere un’effetto metallico, satinato o fluido così da combinare e proiettare all’utente una visione di tutta la scena digitale e surreale, creando un mondo completamente virtuale e grottesco allo stesso tempo. Il metallo è alternativamente lodato e acclamato per i suoi esempi di logo illeggibili, portando la tipografia stessa all'estremo limite di rilevanza.

Infatti, attualmente è molto di moda soprattutto all’estero (Germania e Russia) ed è solo l’inizio dell’era digitale. Si possono fare cose fantastiche e inconcepibili attraverso la digital art e la Augmented Reality (AR), ma credo che ancora la tecnologia non abbia la capacità di rendere un oggetto o addirittura una persona da virtuale a reale e viceversa… quando il teletrasporto sarà realtà ne parleranno e lo vivranno le generazioni future che verranno.



M: Immagino che nel mondo lavorativo non sia così semplice riuscire a non “corrompere” questo tuo approccio sperimentale. Come riesci a mediare con la clientela?


B: Devo dirti la verità, trovo abbastanza difficoltà nelle richieste dei vari clienti. A volte sono pretese e richieste che per me risultano antipatiche e comiche allo stesso tempo, ma purtroppo bisogna seguire i loro briefing e le loro decisioni. Bisogna trovare sempre un punto di incontro o un compromesso. Cioè… se il cliente mi ha chiamato, dovrebbe affidarsi al 100% alla mia filosofia di comunicare ed accettare il mio modo di vedere il suo brand o prodotto, senza cercare di imporre la sua visione del progetto. Tutto ciò mi ha portato ad aprire un brand di abbigliamento con il nome NoMade clothing, insieme al mio amico e collega Damiano Primiceri, fondatore dello Studio Mylab3d che si interessa di stampa e modellazione 3D.


M: Ultimamente stai quindi lavorando a questa nuova idea, mi riferisco a NoMade clothing. Il progetto è chiaramente ancora giovane, ma se ne intuisce la voglia di riuscire a sposare il tuo lavoro artistico con questo nuovo mondo. Di conseguenza ti volevo chiedere come è nata questa idea e qual è il tuo obiettivo, cioè che cosa dovrà essere NoMade nei tuoi pensieri?


B: Il brand NoMade è nato da un incontro durante una mia mostra di lavori personali con un caro amico del Liceo Artistico, Damiano Primiceri. Tra una chiacchiera e l’altra è venuta l’idea di fare un progetto insieme che potesse riunire le nostre passioni ed il nostro modo di essere. Così è nato NoMade clothing, brand amico dell’ambiente e della libertà di espressione. La nostra filosofia è di non etichettare niente e nessuno. Noi siamo ciò che siamo e ci interessa vestire e vestirci spogliandoci delle sovrastrutture. Offriamo uno stile di vita amico dell’ambiente e della libertà. Unitamente a questo brand di abbigliamento abbiamo aperto anche uno Studio di Comunicazione TERZA DIMENSIONE nel quale cerchiamo di sviluppare i progetti secondo esigenze e gusti dei nostri clienti.



M: Grazie Brando! Ricordo il tuo sito web per chi volesse farci un giro www.brandocorradini.com ed il tuo profilo IG @brando.corradini.



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