I PUPI
Updated: Apr 20, 2021
"C’è un caldo torrido. Camminiamo da quasi tre ore. Eppure questo è il momento che preferisco. Claudia mi porta in giro per i lotti di Garbatella. Incontriamo per lo più bambini. Giocano nei cortili e si nascondono negli androni dei palazzi. Sembra un tuffo nel passato, invece siamo nel 2020. Settembre 2020. Vecchie abitudini sono diventate una necessità. In giro c’è ancora il Covid. Nessuno ha dimenticato il periodo di quarantena e separazione forzata. Quello che però si respira adesso, girando per i lotti, è la voglia di condivisione. Una bambina pattina in una vecchia pista, rimasta abbandonata per anni. Settembre è finito ed il caldo pure. Ore c’è l’obbligo di indossare la mascherina. Sempre. In giro non c’è quasi nessuno tranne che nei cortili. Freddo o caldo, mascherina e non. I bambini sono lì a giocare, insieme. Come forse non succedeva da tantissimo tempo. In questo periodo storico di confusione e abbrutimento sono proprio i più piccoli a donarci un insegnamento. La ricerca del bello è ancora possibile, basta fare un passo indietro e partire dalle piccole cose." Progetto elaborato per Perimetro ROMA ISSUE #01 https://perimetro.eu/roberta-gigliotti/i-pupi/

Barbara: Ciao ragazze! Dunque, il progetto nasce durante la quarantena, il che sicuramente è stato fondamentale nello svolgimento. E’ stato un momento in cui si aveva tempo per poter seguire i propri personali lavori, ma si soffriva anche la mancanza di spunti, dettata dalla mancanza di socialità, dunque come è nato il progetto? Roberta: Dunque noi abbiamo iniziato non ancora in lockdown, la situazione era migliore. Inizialmente ne abbiamo parlato in estate, quando l’aria che si respirava era molto più tranquilla, possiamo dunque dire che il progetto è iniziato in un modo per poi terminare in un altro. Ad esempio abbiamo cominciato senza mascherina e coprifuoco per terminare nella situazione attuale. Claudia: in estate la situazione era abbastanza tranquilla, si poteva girare tranquillamente, la nascita è abbastanza casuale. Avevamo deciso di fare un progetto insieme poi camminando per Roma, la quale in quel periodo era praticamente deserta, nello specifico a Garbatella, abbiamo riscontrato un senso di comunità. Nei cortili c’erano i bambini che giocavano, abitudine che comunque nel tempo si è persa nonostante quegli spazi fossero stati appositamente costruiti. Quella cosa mi ha senza dubbio incuriosita, dato anche che sono nata e cresciuta a Garbatella quindi vedere quelle scene mi ha riportato un po’ alla memoria delle esperienze.
B: Cominciando in estate avete notato una differenza tra l’inizio e la fine? C: in realtà noi lo abbiamo finito a metà settembre/ottobre, prima che chiudessero di nuovo, dunque di conseguenza lo noto maggiormente ora, che sto continuando il progetto, ma effettivamente attualmente non c’è nessuno in giro. Eccezione fatta per il sabato magari, poi sicuramente il clima, però è sicuramente molto più difficile
i cortili sono diventati spazi di passaggio, non ci si ferma più spesso a giocare, però con la quarantena appunto questa cosa si è ripresa.

B: Garbatella è un quartiere che spesso non viene visto sotto tali punti di vista, Come è cambiato il quartiere nel tempo? I lotti ad esempi sono strutture appositamente costruite per i bambini, per il gioco, prima venivano frequentati in questo modo? C: No, diciamo che comunque è un quartiere popolare quindi sicuramente la struttura aiuta il crearsi di queste situazioni, ma negli ultimi dieci anni, incorporandosi all’interno della città, ha un po’ persa quest’aria di quartiere popolare, sicuramente non è come quando ero bambina. La trasformazione del quartiere è avvenuta in breve tempo, i cortili sono diventati spazi di passaggio, non ci si ferma più spesso a giocare, però con la quarantena appunto questa cosa si è ripresa. Il progetto mostra proprio ciò, poiché mi sono sorpresa di vedere determinate scene che non vedevo da tempo, dunque non pensavo determinate situazioni si potessero ricreare, non solo i bambini, anche gli adulti che si ritrovavano nei cortili poiché stanchi di essere chiusi in casa.


B: Sono sicuramente immagini molto evocative, che ci mostrano scene che non siamo più abituati a vedere probabilmente R: Si, siamo rimaste molto sorprese, poiché comunque il clima era veramente piacevole, all’infuori dei bambini, anche le signore che ci offrivano un caffè o ci regalavano i peperoni. Sembrava di essere in una differente città, era Roma, ma non la Roma caotica, era come se si fosse ritagliata uno spazio che ti riportava un po’ indietro.
B: Il BN è molto in linea con il progetto, è una scelta ponderata o avvenuta poi? C: all’inizio non era deciso, è venuto con il flusso delle immagini, diciamo che rimarcavano di più il tempo delle immagini, segnavano di più qualcosa del passato, ma inizialmente avevamo foto con colori bellissimi R: si, conservo una foto di panni stessi con colori meravigliosi, dopo pranzo, con il sole di settembre. Quindi fino all’ultimo siamo state indecise.
B: Secondo me è un valore aggiunto al progetto, fa emergere ancor meglio il ricordo. Dunque invece ora mi piacerebbe parlare del testo, ritengo che sia fondamentale ai fini del progetto, non penso la parte fotografica esisterebbe senza di esso e viceversa, dunque come è nata l’idea di scrivere questo racconto, di narrare sopra delle immagini? R: si beh così doveva essere, a mio avviso il progetto esiste anche senza il testo, perché comunque si può narrare in tanti modi: con le immagini, con le parole ecc., sicuramente da un valore aggiunto e senza le foto non avrebbe senso C: beh comunque non è solamente una descrizione del progetto è un po’ come un diario che è in linea con tutto lo stile del progetto R: si, una sorta di diario di bordo, tutto era molto semplice: uscivamo, prendevamo un caffè, Claudia ogni tanto scattava, poi pian piano in maniera molto naturale abbiamo trovato le foto giuste ecc.

B: Voi rappresentate un po’ i bambini attraverso i loro occhi, sembra tutto come un racconto vissuto dagli occhi di un bambino che non diventa documentaristico perché diventa parte del progetto. C: Si effettivamente per poter fotografare de bambini così da vicino devi entrare nel loro habitat, ogni volta per scattarli non è un rapporto così diretto, devi riuscire a ambientarli e a incuriosirli. Per forza bisogna un po’ camuffarsi in uno di loro
B: Quindi si tratta di un racconto narrato da una persona adulta ma attraverso gli occhi di un bambino. Un’altra domanda: chiaramente è importantissima la location attraverso cui si percepisce l’appartenenza a un determinato quartiere. R: Il progetto non sarebbe mai stato o stesso se a raccontarlo fossimo state tutte e due dei Parioli. Claudia ad esempio è nata e cresciuta a Garbatella, è come se lei abbia fatto da Cicerone a chi non conosceva il posto e le ha fatto vedere il meglio di quel luogo, bisogna ovviamente conoscere non solo i luoghi turistici ma anche i luoghi più nascosti e segreti e bisogna essere di quel posto per poterlo raccontare al meglio.
B: Quale è la cosa più divertente che vi è capitata stando a contatto con i bambini e interagendo con loro? R: è successo che Claudia mi facesse arrampicare ovunque, c’è da dire che io non ho mai indossato scarpe da ginnastica, e poi un aneddoto simpatico è che i due fratellini avevano preso molto in simpatia la macchina fotografica di Claudia e si sono messi a raccontare la propria vita. La caratteristica dei bambini è che sono sempre spontanei e quello che pensano ti dicono.
B: Una domanda forse classica: ha influito il fatto che questo progetto sia nato da un occhio totalmente femminile? C: sicuramente ci ha aiutato essere due ragazze nel fatto di approcciare dei bambini perché gli adulti intorno risultano meno sospettosi vedendo che stiamo fotografando dei bambini. L’essere ragazze sicuramente ci ha aiutato, se fossimo state degli uomini di 50 anni sarebbe risultato una situazione molto più ambigua, probabilmente anche io reagirei male se qualcuno fotografasse mio figlio di nascosto. Non credo invece che a livello umano ci sia stata troppa differenza nel costruire questo progetto.
B: Invece per quanto riguarda PERIMETRO come è nata questa collaborazione? Come vi siete avvicinati a questo contest? R: abbiamo scoperto che PERIMETRO voleva allargare i propri orizzonti sbarcando a Roma e raccontarla con delle prospettive particolari. Per creare questo primo numero, la rivista aveva lanciato una open call a giornalisti e fotografi. Cercavano dei fotografi che raccontassero Roma e le sue storie attraverso le immagini, ho subito contattato Claudia perché l’ho conosciuta durante la quarantena, le avevo mandato una foto molto bella e mi era piaciuto subito il suo approccio alla vita. Mi era piaciuto subito il suo lavoro e ci siamo subito trovate in sintonia.

B: Il vostro è stato un progetto che ha messo sotto dei riflettori differenti Roma e le sue particolarità soprattutto per quanto riguarda le unicità dei suoi quartieri. Ultima domanda: il progetto sta continuando quindi? C: Si il progetto sta continuando ma non è così facile come sembrava in realtà, alla fine queste cose non puoi troppo programmarle perché devono essere spontanee, cerco di girare sempre con la macchina fotografica, di passeggiare il più possibile aspettando che succeda qualcosa, spero che terminata la zona rossa questo progetto riprenda pienamente.
B: Si evolverà anche a livello narrativo? C+ R: Si speriamo assolutamente
B: Mi piace molto questa connessione che si è creata tra il mondo infantile e il mondo adulto, ci siamo dovuti prendere tutti un attimo di pausa e di riflessione, i bambini e gli anziani sono l’emblema di questo ritorno alle origini e al parchetto. C: la nostra generazione ha vissuto la rivoluzione tecnologica, un adulto o un anziano potrebbe non capire e percepire cosa vogliamo comunicare con questo progetto perché per loro risulta naturale vivere il proprio quartiere, mentre può risultare più facile per le generazioni che sono cresciute o addirittura nate nella tecnologia. Le nuove generazioni non concepiscono più il concetto di “scendere in cortile” per giocare o per incontrarsi con i propri coetanei, quindi vivendo in maniera molto fisica il proprio quartiere e il proprio ambiente circostante.




Fotografie di Claudia De Nicolò. Testo di introduzione di Roberta Gigliotti